Vermeer, a cura della Prof. Bruni

Vermeer, Donna in azzurro che legge una lettera, 1663

Scrivi il testo della lettera che la donna sta leggendo…

(a cura delle alunne della IV F a.s. 2017/2018)

Cara Mary,

Sono già passati cinque mesi, cinque mesi da quando sono partito per servire il nostro paese, cinque mesi senza te. Siamo partiti in tanti, molti sono morti e alcuni hanno smesso di combattere. Sembra di essere all’inferno, non riesco a dormire, delle volte mi è capitato di svegliarmi di soprassalto, convinto di essere stato colpito. Mentirei nel dirti che qui la vita è facile. Quanto vorrei poter essere adesso vicino a te, ascoltare il battito del nostro futuro bambino. Quanto vorrei stringerti al petto e non lasciarti più. Ho paura che la morte mi prenda e mi trascini con sé. Non voglio. Mi basterebbe vedere il tuo volto per trovare un po’ di forza e di speranza. Non sento più il tuo profumo addosso, mi aggrappo alla speranza di tornare da te, di stringerti tra le mie braccia, di immaginare il nostro futuro. L’amore che provo per te mi tiene in vita.

Per sempre tuo,

Francis

Cara Emma, 

sono passati otto mesi,eppure quel tempo che cancella tutto non ha cancellato il mio sentimento.

Ora hai un’altra vita, e mi sembri felice, perciò sono felice anch’io.

Ti amo e ti amerò sempre… ti sarò sempre accanto, anche se non te ne accorgerai ricorda che se qualche volta sarai felice e sentirai qualcosa al tuo fianco… anche se intorno a te non vedrai nessuno… quello sarà il mio amore che veglierà su di te, su nostro figlio ovunque tu sarai. A me resterà l’oceano sconfinato, ogni odore, suono o folata di vento mi sussurrerà il tuo nome ed i nostri ricordi, amore mio tu sei la mia bussola che nelle notti di tempesta mi fa ritrovare la via di casa.

Dal tuo amato Killian

Ci rincontreremo

Amsterdam,15 agosto 1566*

Cara Adrianne,

Vorrei essere presente alla nascita di nostro figlio Aart.

Mi pento di aver preso parte alla guerra con entusiasmo, credo che non resisterò ancora a lungo.

Il dottore mi ha visitato… mi rimangono poche settimane ancora da vivere.

So che sarai capace di badare a te e a nostro figlio, sei sempre stata una donna forte.

Tuo amato marito Abram

*Guerra degli ottant’anni  (1560)

N.B.:

Nella lettera si fa riferimento all’anno 1566 mentre la lettrice vive nel 1660, dunque la donna che legge non è la donna a cui è indirizzata la lettera.

Molto probabilmente è una vecchia lettera, magari appartenente a un vecchio membro di famiglia, trovata da qualche parte nello scantinato o in soffitta.

Cara Lucrezia,

Non sai la difficoltà che trovo scrivendoti questa lettera dopo averti salutato e guardato negli occhi per l’ultima volta 5 mesi fa.

Ho sempre creduto nelle tue capacità e nel tuo modo di essere una donna indipendente,

non avrei mai immaginato di dover lasciare te e nostro figlio in balia dell’indifferenza e dei giudizi della gente di Delft.

So perfettamente che una donna sola è mal vista, ma tu sei diversa e so che durante la mia assenza farai di tutto per farti valere.

Cercherò di esserti il più vicino possibile attraverso queste mie lettere finché non avrò racimolato abbastanza denaro per una casa degna di ospitare la nostra famiglia.

Immagino che la permanenza a casa dei tuoi genitori non faciliti la gravidanza e che l’angoscia e il dolore che provi ogni giorno per me peggiorino col trascorrere del tempo.

Il mio lavoro qui è molto faticoso, arrivo a fine giornata pensando che le mie ossa si possano spezzare da un momento all’altro, però penso anche al nostro futuro e trovo la forza e la voglia di fare.

Voglio che tu sappia che ti penso anche nei momenti in cui sono più impegnato e che non ho ancora visto una donna che sia bella quanto te.

Vivo nella speranza di riabbracciarti al più presto,

Denver

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