Dalle origini ad oggi: l’Italia e la tutela del patrimonio artistico

LICEO Norberto Rosa  – SUSA

Qui di seguito il primo articolo, volutamente compilativo, su un tema di cui gli studenti del liceo N. Rosa di Susa  si stanno occupando da alcuni anni con interesse crescente.
Nell’ultimo trimestre di questo anno scolastico gli studenti proporranno interventi relativi al rapporto tra Arte e Costituzione.

Tratto dall’articolo di Salvatore Settis pubblicato sul Giornale dell’arte n°313, Ottobre 2011.

di Marco Gay
del I Liceo classico – Liceo Norberto Rosa Susa

     La necessità di tutelare il patrimonio artistico italiano inizia ad avvertirsi nel 1870, quando George Perkins Marsh, ambasciatore statunitense nell’Italia da poco riunificata, traduce in italiano il suo saggio “Man and Nature” nel quale denuncia il degrado paesaggistico in cui versa l’area mediterranea.

        Il conservazionismo americano, del quale è promotore lo stesso Marsh, si concretizzerà solo grazie al Ministro dell’Istruzione Benedetto Croce, che, presentando in senato il disegno di legge n°204 (correva l’anno 1920), propose la salvaguardia di beni quali “cose immobili la cui conservazione presenta un notevole interesse pubblico a causa della loro bellezza naturale o della particolare relazione con la storia civile e letteraria” estendendo tale tutela alle cosiddette “bellezze panoramiche”.

        Tuttavia è la legge Bottai (datata 1939) a costituire la base sulla quale sono modellate le norme vigenti. Essa fornisce la definizione di bene artistico, ne promuove la fruizione pubblica, ne regola conservazione, prestiti e trasferimenti. In seguito, con l’art.9 della Costituzione, la sensibilità culturale si pone, almeno in teoria, come prerogativa di amministrazioni nazionali e locali: ”La Repubblicapromuove la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

        Nel 2004 infine, dopo che sei anni prima si era estesa la definizione di beni culturali a fotografie, audiovisivi, spartiti musicali e strumenti tecnici, è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo n°42 del 22-1, che all’art.5 esalta il ruolo di comuni e province come cooperatori con il Ministero per quanto concerne la funzioni di tutela.

    Tra immancabili controversie e malcontenti, l’argomento della salvaguardia del patrimonio artistico e culturale pare diffusamente trattato dall’attuale legislazione. Nonostante ciò persiste la difficoltà nel tradurre le norme in azioni pratiche: l’Italia è la patria della speculazione edilizia, dei piccoli musei abbandonati a se stessi, dei grandi beni artistici e archeologici non adeguatamente curati. La popolazione, per quanto spesso considerata poco colta dal punto di vista artistico, pare consapevole delle lacune rilevabili nella valorizzazione delle opere e del paesaggio. Tale mancanza si ripercuote sul piano economico: sette aziende su dieci, infatti, sostengono che il patrimonio artistico italiano rappresenti una risorsa competitiva non utilizzata in maniera efficiente.

      Secondo uno studio condotto nel 2002, i fondi stanziati per investimenti a sfondo culturale, ammontando a 2114 milioni di Euro (contro i 6924 della Germania), rappresentavano solamente lo 0,39% dell’intero budget a disposizione dello stato. Tra le regioni, quelle che più spendono per la tutela dei beni artistici sonola Campania,la Sardegnae il Piemonte. Tuttavia il problema non consta tanto nel volume degli investimenti, spesso avventati oppure inconcludenti, quanto nella loro reale efficacia.

      L’orgoglio dell’Italia, il suo immenso patrimonio artistico, rappresenta un’onerosa responsabilità, eppure le priorità dei governi sono altre poiché la valorizzazione non è considerata un’occasione di rilancio. Così il Bel Paese rimane patria di luoghi in cui ignoranza e interessi oltraggiano quotidianamente l’articolo 9 della nostra Costituzione, ritenendo lo sviluppo culturale un fatto secondario rispetto alle dinamiche di un mondo progredito.

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