“Pistoletto, chi è costui?”

di Marco Gay 2^
Liceo Classico Liceo N. Rosa, Susa

I visitatori del Louvre, museo che vanta la maggiore affluenza del globo, possono ammirare a partire dal 25 aprile l’esposizione “Année 1, le Paradis sur Terre”, interamente dedicata all’artista biellese Michelangelo Pistoletto, classe 1933, e inserita in un ciclo di mostre di cui saranno protagonisti i contemporanei.
Le opere selezionate, disposte in modo tale da intavolare un dialogo immaginario con le collezioni del museo, si collocano all’interno di un ampio lasso cronologico:alcune, come la celebre “Venere degli stracci”, datata 1967, risalgono agli esordi dell’artista, mentre altre, passando attraverso i vari quadri specchianti (“Il comizio”, “L’etrusco”), sono temporalmente più prossime ai giorni nostri, benché rievochino scenari politici ormai parzialmente superati.
Ma per il turista che si avvicina alla piramide vitrea di Ieonh Min Pei, che cosa rappresenta il simbolo del Terzo Paradiso ivi applicato, ideale fusione di artificio e natura?
Certamente l’accostamento significante-significato può, in questo caso, non essere immediato. Incuriositi, abbiamo fermato qualche sventurato passante.
Alla prima, una ragazza polacca, additiamo l’”otto a tre pance” e domandiamo se abbia mai sentito parlare dell’artista Pistoletto.
Lei ci guarda, sorride, e con un cenno di diniego se ne va.
Ma noi non disperiamo: si avvicinano due canadesi, a cui rivolgiamo il medesimo quesito. Entrambi tacciono e, disegnatasi un’indefinibile smorfia sui loro volti, accelerano il passo. “Pistoletto esiste davvero!”.
E già, dopo averci scambiati per ciarlatani o borseggiatori, sono scomparsi tra la folla.
Stoici, non demordiamo: adocchiato un gruppo di statunitensi, attiriamo l’attenzione di uno di loro, rubicondo e panciuto.
Lui afferma di aver già sentito parlare d’un certo Michelangelo, ma non sa dire di più. Scuote la testa e ci saluta cordialmente… Che pensasse forse a quello della Pietà?
Il medesimo copione si ripete più e più volte, ma nessuno sembra conoscere l’artista in questione: francesi, inglesi, orientali, italiani si zittiscono e scuotono il capo.
Ci illudiamo di poter sortire una risposta positiva quando interroghiamo una famiglia piemontese.
Domandiamo al capofamiglia se abbia mai sentito nominare il maestro originario di Biella e questi, sbarrati gli occhi, inarcato il labbro inferiore, volge lo sguardo alla moglie.
Ella, assunta la stessa espressione del marito, si volta verso il figlio, che guarda al fratello.
E noi rimaniamo senza risposta.
Ce ne andiamo, smettendo così di turbare i passanti con la spinosa questione.
Ma spariti noi, un’altra domanda continuerà a crucciare i turisti: che cos’è quel segno sulla piramide del Louvre?

  

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