La civiltà camuna: un esempio di preistoria

Capodiponte – Parco del Naquane

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DESTINATARI: allievi classe 1^ H

COORDINATRICE: prof.ssa Vilma Bicego

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  • La scelta dell’argomento

Avendo terminato lo studio della preistoria sul manuale in adozione, ho deciso di servirmi della storia del popolo camuno sia come ripasso degli argomenti studiati sia come ricostruzione locale di quei fenomeni esaminati per l’umanità. Il lunghissimo periodo della preistoria spesso finisce per divenire oggetto di fantasia o fantascienza, non è semplice per gli studenti nel poco tempo a disposizione comprendere la portata storica e la dimensione temporale di quei fatti. Il poter esaminare il percorso limitandolo ad un’area piccola e per giunta poco distante da loro, il poter poi vedere direttamente le tracce lasciate millenni fa dai nostri antenati, crea un ponte tra il passato ed il presente ed aiuta a comprendere non solo quel particolare momento, bensì anche il procedimento di ricostruzione storica.

Avendo anche da poco esaminato la struttura testuale, mi è parso piacevole far realizzare una storia illustrata che tenesse conto da una parte degli aspetti storici e dall’altra desse sfogo alla fantasia di ogni singolo ragazzo. Ecco dunque nata la consegna data agli studenti ad inizio percorso: Realizzate una breve storia fantastica sul popolo camuno, partendo dalle vostre conoscenze generali sulla preistoria e dall’analisi delle principali incisioni rupestri camune. La storia dovrà contenere gli elementi essenziali di un testo narrativo e per illustrarla dovrete servirvi delle incisioni rupestri.

Come esemplificazione dell’attività svolta si allega

–       Quando non tutte le cose avevano un nome

–       La storia di Major creata ed illustrata da Giulia POLTRONIERI

–       La nuova alba creata ed illustrata dal gruppo formato da Andrea DEPOLO, William INDOLFI, Luca VINASSA

                                                                               Vilma Bicego

 

Quando non tutte le cose avevano un nome

Mel osservava le stelle luminose del firmamento, chiedendosi cosa gli spiriti avessero voluto comunicare agli uomini, intrappolando le lucciole nel liquido cielo, perché era risaputo che il cielo fosse fatto di acqua trattenuta lassù dagli spiriti che, quando si distraevano, cadeva sotto forma di pioggia, per benedire gli uomini.

Mel o “Acqua di Cielo” si chiamava così per via dei suoi occhi grigi come la tempesta, occhi vivaci e fortunati, tanto amati dalla sciamana del clan di cacciatori-raccoglitori al quale apparteneva. Il clan era silenzioso, la maggior parte dei componenti dormiva sotto ripari di fronde o si stringeva intorno ai fuochi che disseminavano il campo. Il loro era un clan piccolo, trenta in tutto contando anche i bambini e la loro sciamana, una donna di quasi mille anni ormai, ma era piuttosto considerato e rispettato dai clan vicini poiché ne faceva parte un domatore della pietra, Nicodemus o “Corno di Cervo” che, anche alla luce del fuoco, continuava con il suo ritmico movimento a intaccare quella particolare pietra che chiamavano Dono degli Spiriti, creando piccole schegge taglienti che erano la risposta ai loro semplici bisogni.

Presto l’accampamento si sarebbe spostato verso le sponde del grande lago che si trovava nei luoghi più insidiosi della Val Camonica, per la festa annuale in cui si riunivano tutti i clan. Era un’occasione importante, ci si scambiavano pensieri, parole e doni, si comunicavano le nuove nascite e le nuove morti, si narravano le storie dei cacciatori più valenti, si suonava e si ballava davanti ai fuochi, si praticava la Danza che porta la Vita e, spesso, qualcuno cambiava clan per seguire la persona che gli aveva rubato il respiro. Forse anche lei avrebbe fatto la Danza che porta la Vita, ormai aveva quasi ventitré anni e non aveva mai partorito. Non che questo avesse molta importanza, i bimbi venuti alla luce appartenevano al clan ed erano accuditi e seguiti da tutti, assecondando le loro capacità e inclinazioni. Questo li rendeva una grande famiglia, perché, in fondo, erano tutti figli di Madre Terra.

L’alba arrivò con la sua luce più tenue portando, oltre al risveglio, il più dolce canto degli uccelli. I membri del clan lentamente e senza fretta, si avviarono alle loro occupazioni, i bambini più grandi a prendere l’acqua al ruscello poco distante con vesciche di cervo e cinghiale, i più piccini a ravvivare il fuoco con legna lasciata ad asciugare durante la notte, le donne distribuivano la carne avanzata dal pasto serale e bacche agli uomini che si apprestavano ad andare a caccia e agli altri membri del gruppo. Avuta la sua razione di cibo, Nicodemus scaldò, in una grande conchiglia posta su una pietra rovente, della resina di quercia mista a cera che sarebbe servita per fissare le schegge di pietra a lunghe asticciole di betulla già lavorate che poi, con l’aggiunta di altra resina e penne di uccello, sarebbero divenute frecce. Sperava, un giorno, di diventare brava a domare la pietra come Nicodemus, anche se per ora si era limitata a osservare i suoi movimenti e a fare delle prove sugli scarti della lavorazione poiché quel particolare tipo di pietra, Dono degli Spiriti, veniva da molto lontano ed era considerata estremamente preziosa. Le donne cantavano mentre lavoravano delle pelli di cervo, di cinghiale e d’orso, alcune raschiavano via i brandelli di carne rimasti, altre le ingrassavano e le affumicavano, rendendole così impermeabili e resistenti all’usura. Forse avrebbe dovuto raggiungerle e confezionarsi un paio di gambali nuovi poiché i suoi erano ormai troppo piccoli e consumati.

Gli uomini a caccia, la brezza profumata e il sole caldo che scioglieva la neve, le grida gioiose dei bambini. Un pensiero che prende forma e un’idea che si fa parola. Felicità.

D.P.       Classe 1^ H

 

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SAVING MR.BANKS

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recensione di Gabriele Artusio 4E

DIRETTO DA: John Lee Hancock

PRODOTTO DA: Ian Collie

COLONNA SONORA: Thomas Newman

MONTAGGIO: Mark Livosi

FOTOGRAFIA: John Schwartzman

CAST: Tom Hanks, Emma Thompson, Colin Farrell, Wilson Ruth, Paul Giamatti, Brad Whitford

Walt Disney torna alla ribalta con un nuovo film, la storia segreta e mai raccontata della genesi di uno dei più grandi classici, non solo della grande famiglia Disney (che nel 2018 compirà la bellezza di 90 anni), ma dell’intera storia del cinema: Saving Mr. Banks (capirete più avanti il perché del titolo) ci riporta indietro di alcuni anni rispetto la produzione del celeberrimo film, all’alba di una magica leggenda…

LA NASCITA DELLA MAGIA…

Siamo nel 1961, Walt Disney (Tom Hanks) combatte da ormai vent’anni la sua battaglia per ottenere dalla scrittrice Pamela L.Travers ( Emma Thompson, la prof.Cooman nei film di Harry Potter) i diritti per il suo più amato lavoro, Mary Poppins( ah..quanti ricordi), ma la signora Travers, Waltdisneyfobica convinta, non ne vuole sapere, l’ultima cosa che vuole vedere, è il suo lavoro trasformato in una delle mielose operette animate di Walt Disney, ma la determinazione di quest’ultimo, la crew di produzione (tra cui spiccano Richard Scherman/J.Schwartzman e Don Dagradi/Whitford) ed i ricordi riaffioranti di un’infanzia trascorsa nell’Australia di inizio ‘900 , la convinceranno a cambiare idea…

BACKSTAGE MOVIE

Film di taglio storico-drammatico ( ma l’umorismo non manca; dopotutto, è un film Disney), che ci riporta negli anni ’60, quando la Walt Disney era all’apice del successo, Saving Mr.Banks non è solo un omaggio ad un cult del cinema, ma anche la nascita di qualcosa di nuovo: un Back-stage movie, lo si potrebbe chiamare: sono tanti i film che hanno narrato la vita di attori e registi, da Chaplin a Hitchcock; ma fino ad ora, la narrazione delle produzioni dei film, era spettata essenzialmente ai contenuti speciali dei nostri dvd ed ai documentari (imperdibile “l’impero dei sogni” targato History channel, dedicato a Star Wars), cosa che invece non accade per la musica (“Michael Jackson’s This is it”, tanto per dirne uno), questo film invece, seppur in maniera non documentaristica, ci narra la genesi, la crescita e la ribalta di uno dei film più famosi mai prodotti, e lo fa in modo sublime: umorismo e dramma accompagnano lo spettatore tra la terra dei canguri del 1901 e la città degli angeli degli anni ’60 nella lunga e graduale gestazione dell’opera…

Oltre all’originalità dell’argomento trattato (e non è detto che questo rimanga unico del suo genere, soprattutto ora che la Disney ha i diritti per il sopracitato Star Wars…), non vanno dimenticati tutti gli altri aspetti, a partire dal cast: Tom Hanks è perfetto nel ruolo di padre di Topolino e di padre che tenta di mantenere una promessa fatta vent’anni prima (quei baffetti lo rendono quasi la copia sputata del vero Disney). Emma Thompson presta il volto alla capricciosa ed inattaccabile scrittrice Pamela Travers (mentre la sua versione giovane è Annie Rosie Buckeley), per nulla convinta all’idea di trasformare la sua Mary Poppins in un  film (soprattutto un film d’animazione, che pare non sopportare, così come i pupazzi-omaggio di Disney e gli abbondanti spuntini iper-calorici degli Studios) e tormentata da ricordi dell’infanzia trascorsa in una fattoria, che sperava di aver cancellato per sempre. Paul Giamatti presta il ruolo al solare e positivo taxista Ralph  mentre Schwartzman e Scherman sono i compositori della leggendaria colonna sonora del film (le cui esibizioni mandano in estasi Disney e fuori di testa la Travers…). Da ricordare anche Colin Farell e Ruth Wilson (Jane Eyre nell’omonima miniserie televisiva del 2008) nel ruolo dei genitori di Pamela e Rachel Griffiths nel ruolo di zia Ellie ( tenetela bene a mente…) Meriti speciali vanno anche a Mike Newman, la cui colonna sonora ha fatto guadagnare alla pellicola una candidatura ai premi Oscar 2014, e alla fotografia di Schwartzman (soprattutto il set australiano)

TITOLO?

Chi ha visto Mary Poppins, non ha bisogno di spiegazioni, per gli altri invece, Mr Banks, non è altro che il padre dei ragazzini, impiegato in banca ma con numerosi problemi, che nel corso del film si scoprirà essere (come era facilmente intuibile) una versione cartacea (e poi cinematografica) del padre di Pamela: Mary Poppins rappresenta quindi per l’autrice qualcosa di più di un semplice racconto, da qui la sua irremovibile (all’apparenza) posizione nei confronti di Disney; il rapporto padre-figlia, la fa da padrone nel film tra Pamela, ragazzina cresciuta con un grande insegnamento “non smettere mai di sognare” e Walt, padre e produttore con una comune promessa da mantenere: salvare il signor Banks…

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La professoressa Vilma Gabri all'Istituto Italiano di Cultura, il recital Fusillés pour l'exemple

In occasione del Centenario della Grande Guerra e della
mostra allestita all’Hôtel de Ville di Parigi, Vilma Gabri ha
presentato, su invito dell’Università Paris-Nanterre e all’Istituto
Italiano di Cultura, il recital Fusillés pour l’exemple, Omaggio ai
ribelli del 1917, con testi di Emilio Lussu e Giuseppe Ungaretti e
canzoni di Fabrizio De André e Jacques Debronckart.

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Alla scoperta di Palazzo Barolo

di Marabotto Alessia, 1E

Venerdì 14 Febbraio, la classe si è recata a Palazzo Barolo, per assistere ad una breve lezione e concerto di viole da gamba.
Oltre alla bellezza  in sé, il palazzo, ricco di dettagli settecenteschi, ha una storia molto travagliata e complessa. Molti personaggi storici hanno avuto modo di  visitare, viverci o avere un breve soggiorno al palazzo, come lo stesso Mozart.
Lo stupore  infatti ha prevalso per tutta la visita. Il concerto si è tenuto nella cosiddetta “sala della musica”, che era arricchita da quadri i quali raffiguravano  i personaggi che vissero lì.
C’erano quattro musicisti e tutti suonavano uno strumento diverso, ma appartenente alla stessa famiglia di viole. L’armonia che trasmettevano era molto coinvolgente e rilassante.
Grazie a questa esperienza ho potuto capire che la musica è tutta bella, non può essere né vecchia, né brutta; dipende solo da chi ha la capacità di trasmetterla veramente e abbia le buone intenzioni di farlo non per scopi commerciali, ma per pura passione. Dai movimenti che facevano i musicisti, e dalle espressioni, si capiva proprio che lo facevano per questo scopo.
Credo che il concerto a Palazzo Barolo sia stato una splendida occasione per provare ad ascoltare tipi di musica differenti da quelli che ascoltiamo noi adolescenti di solito.
Dopo quest’esperienza è possibile capire la straordinaria bellezza della musica classica che, a mio parere, pur non essendo accompagnata da parole, è il genere più espressivo fra i generi musicali.
Questo affascinante concerto di viole è “accompagnato” da una lezione di teoria sulla musica, in particolare degli strumenti ad arco.
Dopo il concerto ci hanno fatto visitare il Palazzo con alcune delle sue stanze più suggestive.
La stanza che mi è piaciuta di più è la camera da letto di Silvio Pellico. Era una stanza magnifica con uno specchio, un letto a baldacchino, un pianoforte e uno scrittoio. I mobili erano pochi, l’essenziale, come in tutto il Palazzo.
La decorazione della camera era bellissima: sulle quattro pareti erano rappresentate le quattro stagioni, mentre sul soffitto c’era un magnifico dipinto di Giunone sul suo carro trainato da pavoni.
Nelle decorazioni del Palazzo era molto frequente l’uso del color oro.
Credo che sia un’esperienza che consiglierei a chiunque ami l’arte, la storia o la musica.
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di Alessandra Canale 1E
Venerdì 14 Febbraio, noi studenti della 1E ci siamo recati a Palazzo Barolo dove abbiamo avuto l’occasione di ascoltare un concerto di viole da gamba.
E’ stato fantastico ,abbiamo imparato a conoscere un nuovo genere diverso da quello che ascoltiamo oggi.
Sono rimasta colpita dall’armonia e dalla serenità che questi strumenti trasmettono , il suono che producono ti accoglie e ti comunica qualcosa di piacevole che riesce a coinvolgerti.
Fantastico è anche il movimento dei musicisti mentre suonano, sembra quasi che volessero raccontarti una storia.
Il concerto si è tenuto nella sala della musica, arricchita da quadri e da meravigliosi affreschi. Finito il concerto ci hanno fatto visitare alcune stanze, come ad esempio la camera da letto di Silvio Pellico arredata con mobili antichi. Il palazzo è arricchito da dettagli settecenteschi, è immenso ed è bellissimo.
Detto questo, sono felice di aver fatto questa esperienza che mi ha  aiutato a capire che la vera musica è quella suonata e cantata  col cuore, anche se purtroppo al giorno d’oggi i musicisti e i cantanti usano la musica con lo scopo di far soldi.
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di Berbano Brandon , 1°E
La mattina del 14 febbraio 2014 siamo andati a Palazzo Barolo per una visita :
ci hanno fatto accomodare in un salone costruito in età settecentesca .
Ci siamo seduti e la cosa che ho notato per prima erano quattro persone con quattro strumenti musicali che , al primo sguardo, mi sembravano violini e violoncelli.
La persona che ha parlato tutto il tempo descriveva e raccontava in modo accurato la storia degli strumenti che venivano da diverse epoche antiche .
Mi sono reso conto allora che non erano violini e violoncelli , ma si chiamavano “viole da gamba” strumenti estinti , cioè strumenti che non si costruiscono e non si suonano più ai nostri giorni .
Quando cominciarono a suonare le 4 viole da gamba , si sentì in tutto il salone una melodia rilassante , armoniosa e piacevole da sentire.
Vorrei ritornare di nuovo a Palazzo Barolo : per me sarebbe un regalo , non tornerei per visitare il palazzo , ma per risentire quella melodia che proveniva da quei quattro magnifici strumenti.
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 di Martina De Nicolo 1E
Noi, della classe 1E, Venerdì 14 Febbraio ci siamo recati a Palazzo Barolo, per assistere a un concerto di viole da gamba.
Le prime impressioni che ho avuto appena entrata a Palazzo sono state stupore e serenità.
Stupore perché il Palazzo presentava molti dettagli.
Serenità perché c’erano molti colori e l’ambiente era molto accogliente.
Il concerto si è tenuto nella sala della musica che era arricchita da affreschi e quadri.
I suoni che producevano queste viole da gamba mi trasmettevano un senso di gioia, felicità e armonia.
Non esiste musica vecchia.
Non esiste musica bella o brutta.
Esistono strumenti vecchi.
Esistono gusti diversi.
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di Dinoi Martina 1E
Venerdì 14 febbraio ci siamo recati a Palazzo Barolo per assistere ad un concerto di viole ed in seguito abbiamo visitato il palazzo.
Il concerto di viole è stato molto interessante, io penso che la musica sia un a delle poche cose che unisce davvero tutti. Secondo me, alla fine, la musica è qualcosa che si sente non solo con le orecchie, ma anche con il cuore.
È stata la prima volta che andavo ad un concerto di viole e mi è piaciuto davvero molto, è stata un’esperienza unica.
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di Mancuso Andrea Rebecca 1E
Palazzo Barolo era uno dei musei della città di Torino che non n avevo ancora visitato. Così la scuola mi ha dato la possibilità di visitarlo.
In programma c’era un piccolo concerto di alcuni strumenti a gamba. Ci hanno fatto accomodare in una sala chiamata proprio “Sala da concerto” il cui soffitto è adornato da coloratissimi e particolari affreschi. Sulle pareti, una soffice stoffa riveste i muri a cui sono appesi dei ritratti delle famiglie che sono vissute nel palazzo. In fondo alla stanza si trova, a sinistra, un pianoforte che apparteneva al grande Chopin e accanto ad esso si erano preparati quattro musicisti pronti per trasportarci in un altro mondo: quello della musica. Durante quella esibizione ho provato molte emozioni.
Quella musica, così diversa da ciò che ascoltiamo noi, riesce ad equilibrarti i pensieri. Ti fa riflettere e pensare; la tristezza e la felicità ti travolgono. In fondo il suo potere è quello, cioè trasmetterti tante sensazioni. A ogni corda che si muoveva e vibrava, dei brividi salivano lungo la schiena.
È stata un’esperienza bellissima, da provare assolutamente. Dopo questo “viaggio” nella musica, ci hanno portati a fare una visita nel palazzo. Mentre una guida ci raccontava la storia delle famiglie e del palazzo stesso, io ammiravo la maestosità della scala principale che porta alle varie stanze dei nobili, le quali contengono pochi mobili, quindi l’essenziale. I soffitti sono dipinti e molto colorati. Per chi è appassionato di storia o per chi è semplicemente curioso, consiglio di visitare Palazzo Barolo. 
Non siate timidi e fatevi trasportare in un’altra epoca!
Ciao Ragazzi!!
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 di Silvia Faccenda 1E
Venerdì 14 Febbraio, noi alunni della classe 1E, verso le 10:00 siamo andati a visitare il Palazzo Barolo,accompagnati dal prof. Basso e dal prof. Perri, per  ascoltare un concerto di Viole.
Non ne avevo mai sentito uno, all’inizio pensavo che fosse uno di quei concerti noiosi,perché avevo un pregiudizio negativo sulla musica classica, la ritenevo “antica”. Invece mi sbagliavo, è stata davvero una bella esperienza, è stato bello ascoltare un altro tipo di musica, musica vera, con strumenti veri, non la solita musica che ascoltiamo noi giovani oggi, come Rap, House, Elettronica ecc..
Mi è piaciuto il fatto che i musicisti interagissero con noi, inoltre è stato anche molto interessante e affascinante vedere come erano arredate le stanze nel settecento.
Consiglio la visita a Palazzo Barolo, ci ritornerei volentieri .
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di Arianna Merlo IE
Arrivati a Palazzo Barolo ci hanno fatto sedere in una sala da concerto.
Era una sala enorme con un dipinto sul soffitto bellissimo e molto colorato. Gli strumenti che avevamo davanti, erano delle viole a gamba. Era un quartetto. Quando hanno cominciato a suonare mi sono sentita rilassata.
A me personalmente quella musica piace, mi fa pensare, riflettere. E’ una musica dolce, sensibile, leggera e con un affresco del genere sul soffitto era tutto molto bello e rilassante.
Finita la musica ci hanno fatto visitare qualche stanza del palazzo.
Personalmente è stata una parte un po’ noiosa anche se le pareti, i mobili, i dipinti e tutto il resto erano qualcosa di stupendo.
Infine l’unico modo per vedere se siete d’accordo col mio pensiero è andare a visitarlo.
Quindi………BUONA VISITA! Ciao.
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di  Villano Linda 1°E

Palazzo Barolo è uno dei più bei palazzi che ci sono a Torino, soprattutto se si ascolta un concerto di viole in una grande sala che ti fa ritornare nel Settecento.
È stata una bella esperienza, una macchina del tempo che ti fa fantasticare ad entrare in un “mondo parallelo”.
Ascoltando questa musica ho capito che si non può definire ‘vecchia’ o ‘antica’, bensì musica attuale. I ragazzi ,al giorno d’oggi, preferiscono ascoltare generi che vanno di moda: pop, rock, rap, invece di ascoltare musica classica perché ritenuta antica e fuori moda.
Attraversare le sale che ha percorso Mozart e sfiorare il pianoforte a coda dove ha suonato Chopin, non sono sensazioni che si provano tutti i giorni, consiglio a tutti di andare a visitare questo palazzo per ritornare indietro nel tempo.
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THE MONUMENTS MEN

recensione di Gabriele Artusio 4E
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DIRETTO DA: George Clooney
PRODOTTO DA: Barbara A.Hall

SOGGETTO: Robert M.Edsel

CASA DI PRODUZIONE: Twentieth Century Fox

COLONNA SONORA: Alexandre Desplat

CAST: George Clooney, Matt Damon, Bill Murray, Hugh Boneville, John Goodman, Bob Balaban, Jean Dujardin e Cate Blanchett

   In un 2014 pieno di nuove uscite tra cui attesi sequel, remake e quant’altro, arriva un nuovo film sul secondo conflitto mondiale, ma dedicato ad una delle sue pagine meno note: il colossale saccheggio di opere d’arte effettuato dai nazisti per andare a riempire le sale dei futuri musei dell’impero di Hitler, che rischiò di stravolgere per sempre il quadro culturale europeo. Alla regia troviamo George Clooney, che arriva così al suo quinto film, basato questa volta sul romanzo omonimo di R.M.Edsel, edito nel 2009, e basato a sua volta su una storia vera.

SALVATE LA CULTURA EUROPEA

   Siamo nel 1943, e per la Germania nazista sono tempi duri; messi alle strette dagli alleati decidono di ritirarsi nei territori del Reich, portando con loro quanto più possibile, incluse milioni di opere d’arte provenienti dalle regioni invase, ma c’è dell’altro: se Hitler dovesse morire, l’intero bottino assieme ad archivi e armi deve essere cancellato. Il mondo dell’arte è sconcertato da ciò ed un reparto speciale dell’esercito, formato da artisti e critici, capitanati dal carismatico Frank Stokes ( Clooney) è deciso a salvare quanto più possibile dalla distruzione, ma il tempo stringe: con il progressivo ritiro dei tedeschi e l’avanzamento dei sovietici, decisi anche loro ad avere un ricco trofeo di guerra,sarà un impresa salvare e restituire milioni di pezzi rubati e nascosti chissà dove…

IL PLOTONE PIU’ CREATIVO

  A salvare la cultura artistica europea, sono otto uomini, tutti in qualche modo legati alle arti, a partire da Stokes, a cui seguono uno scultore (Hugh Boneville)ed un insegnante di danza(Bob Babalan) tra i quali non corre particolarmente buon sangue ed altri variopinti personaggi tra i quali spicca il giovane James Granger( Damon). oltre ai “Monuments men” ( ai quali più tardi si affiancherà una versione sovietica, denominata “Brigata monumento”) ed alla collaborazionista-spia francese Rose Valland (Blanchett) le grandi protagoniste sono le opere d’arte, le tre principali star sono La madonna di Bruges( unica scultura michelangiolesca fuori dell’Italia) e la pala d’altare di Gand ( uno dei capolavori del rinascimento fiammingo) ed un autoritratto di Rembrandt; cameo di Picasso…

NOVITA’ E TRADIZIONE

   Il film si colloca a buon diritto nei World War II movies, film che puntano per la maggior parte all’aspetto bellico (la battaglia delle Midway, il Giorno più lungo, ecc..) del conflitto o all’Olocausto (i vari adattamenti di Anna Frank e Schindler’s list) senza poi dimenticare le parentesi  action (Bastardi senza gloria), sportive(Fuga per la vittoria) e fantascientifiche (Captain America il primo vendicatore); Monuments men potrebbe essere considerato l’inizio di un nuovo sottofilone del genere, dedicato appunto alla guerra in campo artistico e culturale, anche sui set troviamo delle novità: accanto alle classiche Normandia e Germania Alpina ( gran finale in un castello fatato…), troviamo due location in genere non tropo battute: il Belgio, la prima nazione dopo la Polonia a cadere sotto i cingolo dei carri armati nazisti e la Rurh, uno dei cuori economici del Reich, dove si svolge buona parte dell’azione; belli anche i set parigini

UNA GAIA ATMOSFERA

   Un aspetto discusso del film è stata soprattutto l’atmosfera “allegra e spensierata” del film, ciò non vuol dire che l’intero film sprizzi gioia da tutti i pori (troviamo anche varie scene tragiche, segno che l’impresa, così come tutte le altre del conflitto, ha il suo prezzo..), ma che la commedia tende a penetrare un  po’ ovunque, dando vita a scene comiche ed un po’ surreali, come la fumatina serale tra i Monuments ed una giovane ed inesperta SS mandata avanti; anche il quoziente intellettivo dei nazisti pare essere diminuito rispetto alla norma (indimenticabile il cattivo quanto imbecille gerarca nazista Stahl, che ricorda vagamente uno dei cattivi di “Bastardi senza gloria”, sia d’aspetto che d’atteggiamento, e dovrebbe fare un po’ più di pratica sia con le mascherate che con le pistole…). Non che questo sia un difetto del film, anzi, riesce a rendere un film storico e bellico adatto a tutti, anche per coloro che non stravedono per i film di guerra, ma i puristi potrebbero non apprezzare; anche il finale viene liquidato abbastanza velocemente ,rispetto alla norma ma alla fine lascia una buona impressione. Un altra cosa discussa è il rapporto tra Damon e la Blanchett, rapporto che non è tra i meglio costruiti ne tra i più gradevoli. Stereotipi sui francesi, visti e stravisti ( è ormai fin troppo chiaro che a Parigi l’amour è di casa e… oops forse non avrei dovuto dirlo…) qua e la ed una Cate Blanchett brava, ma non al massimo della sua forma( la questione sul collaborazionismo potrebbe far nascere -non si spera- delle critiche da parte del pubblico francese…) ma alla fine, la pellicola merita di essere vista; può piacere o non piacere l’approccio “sciolto” del regista, ma in tempi come questi, dove la crisi si abbatte anche sulle istituzioni culturali, fa sempre bene vedere che per essa, vale la pena lottare e morire…

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Il 14 Febbraio alle ore 10, a Palazzo Barolo la 1E e la 2E del Liceo Artistico Passoni, hanno assistito alla lezione concerto di Viole tenuta dall’Accademia Strumentale Italiana

Di che musica 6? Incontri per le scuole
Sono dei percorsi interdisciplinari per le Scuole Superiori realizzati in collaborazione dal Dipartimento Educazione Castello di Rivoli e l’Istituto Musicale Città di Rivoli
Il 14 Febbraio alle ore 10, a Palazzo Barolo la 1E e la 2E del Liceo Artistico Passoni, hanno assistito alla lezione concerto di Viole tenuta dall’Accademia Strumentale Italiana, uno dei pochi quartetti d’archi che realizza concerti di viola da gamba in tutte le varietà usate fino all’epoca barocca (viola soprano, viola tenore, viola bassa, violone). Per l’incontro con gli studenti l’ensemble ha proposto una sessione di prove aperte, un’occasione inedita e imperdibile per ascoltare strumenti musicali in via d’estinzione, raccontando l’affascinante storia di questa famiglia di strumenti, oggi poco nota e poco presente nella musica.
Accademia Strumentale Italiana
Alberto Rasi – viola soprano
Claudia Pasetto – viola tenore
Leonardo Bortolotto – viola bassa
Riccardo Coelati Rama – violone
http://www.accademiastrumentale.it/
http://www.albertorasi.it/
https://www.facebook.com/pages/Accademia-Strumentale-Italiana/155751729528?v=info&ref=ts
Dalla fine del Quattrocento fino al Barocco era comune
ascoltare, suonare e comporre per consort di viole ovvero
un quartetto d’archi formato solo da viole da gamba.
Quest’antichissimo e nobile strumento aveva molteplici
varietà: la viola soprano, la viola tenore, la viola bassa, il
violone, la viola d’amore. Oggi è sopravvissuta solo la viola
tenore, quella che si vede nelle orchestre.
Qui di seguito il pensiero di alcuni allievi presenti all’incontro:
“Nell’uscita del giorno 14 febbraio abbiamo assistito a una lezione musicale di viole presso palazzo Barolo.
Il concerto è stato molto interessante ed istruttivo data la rarità degli strumenti risalenti a un’epoca compresa tra il 500 e il 600. Inoltre la grande partecipazione da parte dei musicisti ha aumentato il nostro interesse.
L’immensa sapienza del primo musicista ha incrementato la nostra curiosità e quindi abbiamo deciso di visitare il palazzo di immenso splendore e ricchezza.
In conclusione abbiamo apprezzato l’uscita.”

Baracco Chiara, Naretto Fabiana, Faienza Dario e Artesi Sonia della 2^E

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il laboratorio musica e colore svolto dalla 1H alla GAM il 15 gennaio con la prof.ssa Bicego e la prof.ssa Marazza.

VIAGGIO NELL’IMPRESSIONISMO

La visita alla GAM, il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino che ha ospitato una sessantina di capolavori provenienti dal Musée d’Orsay e dal Musée de l’Orangerie,ci ha permesso di compiere un “viaggio” attraverso le opere di Renoir che è uno dei promotori dell’Impressionismo francese.
Attraverso sessanta capolavori il percorso mette a fuoco l’esperienza dell’artista, partendo dagli inizi all’interno del gruppo impressionista, fino agli anni più maturi, quando acquisì un proprio personale linguaggio estetico, figurativo ed un caratteristico ambito di ricerca pittorica.
La mostra su Renoir era strutturata per mettere in evidenza la crescita artistica, in effetti, osservando la sequenza delle opere, l’evoluzione artistica di Renoir si fa chiara ed appare legata alla sua vita, prima come pittore bohémien, poi come padre di famiglia dedito in toto alla casa, alla moglie e ai figli.
Il percorso della mostra è distinto in quattro grandi periodi: gli inizi, rappresentati da alcune opere che ritraggono gli amici all’opera come Frédéric Bazille al cavalletto, in tale contesto, si trova anche l’opera dello stesso Bazille: Studio di rue de la Condamine, in cui viene anche raffigurato il pittore Renoir ed il quadro ci mostra com’era organizzato un atelier di pittura in quel periodo, che accoglieva anche i compagni pittori, favorendo un clima di reciproco scambio intellettuale.
Lo studio della luce prosegue nel secondo periodo, quello dei lunghi viaggi in Italia e soprattutto in Algeria nel 1880: La Moschea o festa araba, è un insieme di colori come ocra, terra di Siena bruciata, bianco e turchese, stesi sulla tela con tocchi veloci, al fine di suggerire l’idea di una moltitudine di persone che ballano.
Il terzo grande gruppo è quello famigliare, quando la convivenza con Aline gli diede il primo figlio, Pierre (seguiranno poi Jean e Claude). Qui, il pittore riscopre il mondo dell’infanzia dipingendo moltissimi ritratti dei propri figli ma anche dell’amata compagna, spesso intenta ad allattare o a prendersi cura di loro. Infatti Renoir fu essenzialmente un pittore della donna e dei bambini, la semplicità della maternità ambientata in un paesaggio di campagna, rappresenta la perfetta armonia in cui convivono l’uomo e la Natura. Amava ritrarre la vita prediligendone il lato felice ed appassionato. E tale trasporto non si limita solo ai grandi quadri di feste e incontri galanti (L’altalena, Alphonsine Fournaise, Danza in campagna, Danza in città) ma ritorna, schietto e autentico, anche nelle nature morte.
Per concludere: Fanciulle al piano è forse l’opera che, all’interno della mostra, più di tutte incarna il “cambio di rotta” di Renoir, nell’ultima fase della sua vita. Egli abbandona lo sfumato per un disegno più puro e definito, ben calibrato sugli equilibri fra linee diagonali e sul colore che qui si fa terso, tutto giocato fra contrasti di tonalità calde e fredde.
La sensazione che si prova, percorrendo le sale della GAM, è quella di aver fatto la conoscenza di un pittore sincero e semplice che amava ritrarre la vita prediligendone il lato felice ed appassionato. Visitando la mostra e guardando le sue opere, Renoir ci ha mostrato gli elementi chiave della sua pittura: rappresentare la bellezza, sorprendere con luce e colore, ritrarre la vita della propria epoca con un delicato realismo, ne fanno ancora oggi uno dei pittori più amati dal pubblico.
La mostra di Torino vuole essere un omaggio alla sua arte e un’occasione irripetibile per ripercorrerne la vicenda artistica e umana, e permette di ammirare opere straordinarie, la maggior parte delle quali mai esposte in Italia.

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“Voglio una vita da disgenà” testi di autori vari, lettura in lingua piemontese di Vilma Gabri

Una serata per riscoprire la lingua piemontese nella sua dimensione poetica e popolare. Un viaggio fra modi di dire, proverbi, poesie e narrazioni accompagnati dalla voce narrante della professoressa Vilma Gabri
VENERDÌ 7 MARZO, ore 21 presso Coro Ligneo Chiesa Santa Pelagia, via San Massimo, 21 Torino

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Dai cantastorie a Spotify

Articolo di Sid

Adriano Marconetto, imprenditore attivo sul fronte delle start up tecnologiche, nonchè fondatore di Vitaminic – tra le prime piattaforme di diffusione della musica in rete in Europa – ha recentemente tenuto presso la sede del Liceo Musicale Passoni una conferenza sul tema: “Dai cantastorie a Spotify. Come sono cambiati i modelli di business musicale nel corso dei secoli”.

Eccone un breve estratto: “Inizio anni ’90, nasce Internet: la musica diventa digitale, ma pesa troppo per essere inviata da un computer all’altro. L’ing. Chiariglione  a Torino crea e sviluppa la tecnologia MPEG, che, poco dopo, verrà codificata in MP3 in Germania.

E’ il momento di svolta, in poco tempo crolla il mondo della musica. Il modello di business legato alla vendita di copie fisiche implode. Tutto va rivisto e ripensato: la distribuzione, il modo di gestire il copyright, la stessa sostenibilità economica e il ruolo delle case discografiche.

La musica diventa immateriale, facilmente condivisibile a velocità elevata ma, paradossalmente, tutto ciò crea disvalore per molti soggetti, artisti inclusi. Nascono i siti-community di musica mp3 e di artisti emergenti come Mp3.com in USA e Vitaminic in Europa. Qualche anno dopo un certo Steve Jobs crea iTunes, più tardi nasce My Space e, in seguito, Facebook e Twitter.

Non più solo musica: in pochi anni tutto diventa digitale: spettacoli tv, film, libri.

E oggi? E’ nata l’era dell’accesso, antitetica a quella del possesso, con i servizi streaming come Spotify”.

La 3A musicale ha seguito con interesse l’intervento, arricchito da una interessante colonna sonora.

 

 

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折り紙 – ORIGAMI AL SANT’ANNA

articolo di Gabriele Artusio 4E

foto di Fabiana Bertolino e Giovanni Perotto 4E

Tra le 11 e le 14 di Venerdì 14 Febbraio, l’entrata dell’ospedale Sant’Anna di Torino è stata letteralmente invasa da origami a forma di gru:

Le classi 4E, 3E e 3B del Passoni, sono gli artefici di questa invasione di carta: i ragazzi hanno creato circa un migliaio di gru (forse di più, in ogni caso il “target 1000” da raggiungere è stato ampiamente superato…) di carta, perlopiù bianche, ma non solo per riempire due nicchie e creare un totem: le mille  e leggere creaturine fatte seguendo la celebre tecnica di piegatura nipponica contribuiranno a rendere l’ingresso dell’ospedale più allegro ed accogliente (non è un caso se sono state proprio scelte le gru: il motivo è la celebre storia di Sadako Sasaki, bambina di Hiroshima morta di leucemia per via dell’attacco atomico dell’Agosto del ’45, che decise di compiere un voto: mille gru piegate per guarire; purtroppo morì prima di arrivare alla fine ma da allora sono in molti a fare questo voto, i templi shintoisti dell’arcipelago sono spesso pieni di catene di origami)

Oltre a questo, le gru sono state anche regalate allo staff dell’ospedale ed ai visitatori

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