L’editore Umberto Allemandi  e il Liceo Artistico Passoni illustrano il Progetto

Il Giornale dell’Arte in classe

a studenti, docenti e rappresentanti  dei genitori

Il 10 gennaio 2012 alle ore 11   in Palazzo Barolo
Via delle Orfane 7, Torino

Durante l’incontro Umberto Allemandi  dialoga con  studenti e docenti su

come nasce  e si costruisce un giornale d’arte, la  professione di editore, la scrittura giornalistica.

Il termine dell’incontro è previsto per le ore 12,30.

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2 risposte a

  1. Giovanni La Rosa scrive:

    Cosa mi ha colpito della interessante giornata trascorsa con i ragazzi, i docenti e con l’editore Allemandi?
    Allemandi come intellettuale e imprenditore vivace che ha comunicato a tutti noi quanto sia importante essere “avidi” nei confronti di ciò che ci circonda, cioè ci ha detto di assumere iniziative, di azzardare, di metterci in gioco di distinguersi.
    Ha sottolineato l’importanza di provare piacere nelle esperienze.
    Molto bella la metafora della “biro rossa”: nulla è preparato prima, ma essere attenti alle situazioni ci permette di cogliere le occasioni.
    In tutte le esperienze vissute e da vivere Allemandi ci ha suggerito di “avere una visione” senza dimenticare il pragmatismo della comunicazione “come, dove, quando, perché, che cosa, chi”.
    Ha sottolineato l’importanza della chiarezza e dell’onesta nel riportare i fatti distinguendo il posto delle opinioni e dei giudizi.
    Uno studente ha chiesto:” come fare a spiccare, a distinguersi?”. A me viene in mente che già fare domande, essere curiosi è distinguersi.

  2. Giovanni La Rosa scrive:

    Ciampi “Vale sempre la pena impegnarsi”

    Il Presidente della Repubblica “90 anni sono molti per continuare a nutrire fiducia. Eppure non posso dirmi pessimista”
    Dalla lettera aperta “A un giovane italiano”

    No, giovane amico, vale sempre la pena di impegnarsi. E non solo in progetti ambiziosi in cui si investono le risorse migliori e in cui si ripongono le aspettative più elevate; ciascuno persegue gli obiettivi che più si confanno alle sue inclinazioni, ai suoi mezzi, alle sue possibilità.

    C’è di più: dell’impegno e della volontà non potrai fare a meno se punti a costruire qualcosa di solido, nella famiglia come nel lavoro, come nella vita associativa e di relazione; se vorrai, insieme con la tua realizzazione personale, concorrere a migliorare la condizione della comunità alla quale senti di appartenere per storia, per cultura, per legami e affetti, per interessi economici e sociali.

    Non c’è retorica in quanto ti sto dicendo; c’è, al contrario, la convinzione profonda che è connaturata all’uomo l’aspirazione a progredire, a crescere umanamente, attraverso la conoscenza di sé e della realtà che lo circonda; a sperimentarsi nella realtà, a misurarsi con essa per prendere coscienza delle proprie possibilità e dei propri limiti e agire di conseguenza.

    Possiamo, allora, anche sentirci stanchi, sfiduciati, delusi – è inevitabile che ciò accada e per i motivi più diversi, personali e sociali – ma non possiamo, non dobbiamo rimanere indietro mentre altri si muovono; ci condanneremmo a rimanere staccati, isolati, vittime della nostra indolenza, della nostra rinuncia.

    Novant’anni sono molti; tanti da aver visto, e in molti casi vissuto, vicende terribili così come eventi grandiosi. Ho visto molte miserie e altrettante grandezze; quanto al saldo, non saprei dire se alla fine prevalga il segno più o il segno meno. Quello che mi sento di dire, molto semplicemente e altrettanto sinceramente, è che «ne è valsa la pena».

    Oggi, posso affermare che, soprattutto, ho visto l’uomo, con la sua intelligenza e il suo coraggio di osare, spostare sempre più avanti le frontiere della conoscenza: conquiste scientifiche, progressi tecnologici che hanno recato benefici enormi all’umanità; basti pensare alle tante malattie debellate definitivamente.

    Ho visto l’uomo, con il suo insopprimibile bisogno di libertà, avere la meglio su dittatori e regimi ritenuti imbattibili.

    Non ignoro i momenti in cui l’uomo, toccando abissi per i quali non mi è mai riuscito di trovare parole adeguate, ha negato la sua stessa umanità. Sento che qui si impongono memoria e silenzio.
    Giovane amico, spero di essere riuscito a trasmetterti il sentimento di fiducia con cui ho guardato e affrontato l’esistenza: le vicende quotidiane come le prospettive di più lungo periodo, anche nei momenti bui. […]

    Novant’anni sono molti anche per continuare a nutrire fiducia; eppure, nonostante tutto, non posso dirmi pessimista. Non sto cercando, però, di indurti, giovane amico, a coltivare un ottimismo consolatorio, quel sentimento dolciastro e quasi mai sincero. Desidero invitarti ad aguzzare lo sguardo, lo sguardo acuto dell’intelletto e del cuore, affinché tu non perda di vista il segno di quella strada che tu stesso dovrai provvedere a tracciare, senza superbia, ma senza troppi timori. Come diceva Seneca nelle sue Lettere a Lucilio: «Continua nei tuoi progressi e capirai che sono meno da temere proprio quelle cose che fanno più paura».

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