OPERA FA.

Seconda parte dell’intervista ad Aldo Ferrara

Classe 4^As

E’ una costruzione multimediale che si avvale di una ripresa video di 7 secondi, assemblata ad anello continuo. La scena, non allestita e già preesistente, è costituita da una parte di un stanza. Contro il muro un pianoforte verticale bianco e uno sgabello. Appoggiati sul pianoforte, in alto a sinistra, ci sono dei libri disposti come un parallelepipedo regolare.

Come sottofondo audio si ha la ripetizione della parola “Fa”, quasi cantata, e si percepisce il respiro dell’artista.  Lo stesso respiro, sommovimento, lo ritroviamo nella sequenza video, perché la ripresa è stata effettuata senza l’uso del cavalletto;  sembra che il piano si muova, galleggi, respiri appunto.

L’artista, parlando dell’opera, ci dice che è un lavoro aperto, un work in progress, poiché ha almeno tre diversi livelli di restituzione di senso, uno dei quali è ancora “aperto”.

 Studenti:   Ci parla dell’ “OPERA-FA” ?

Aldo Ferrara

“OPERA-FA” e “OPERA-IO” sono le uniche opere multimediali che ho realizzato. Fanno parte di un tavolo di lavoro che ho chiamato HOMEMADE, fatti in casa, dove sto usando linguaggi diversi dalle mie pratiche abituali. Il termine homemade non deve trarre in inganno, non riguarda pratiche dilettantistiche, ma si riferisce al semplice fatto che le costruisco “a casa”.

“OPERA-FA” può essere letta come una metafora del mio autoritratto in digitale, soprattutto se ci soffermiamo: sulla didascalia e sul titolo, FAFerrara Aldo; sulla percezione reale del respiro nella visione, il respiro e la presenza dell’artista; sull’aspetto ludico tra visibile e invisibile, una sorta di Matrioska parlante/cantante che svela solo una parte del suo segreto.

“OPERA-FA” può essere letta come: una cantilena fatta di una sola nota, e di pause; FA, che delle sette note è al centro, immagine invisibile di un triangolo fatto di suoni.

“OPERA-FA” può essere letta come il ritratto in digitale di gran parte del mio percorso di ricerca: il concetto di movimento, non sta ferma, pulsa, parla, si dispiega ma non spiega; il pianoforte, l’oggetto centrale è un parallelepipedo, struttura principale di parte dei miei lavori; bianco, il colore che cattura le qualità della luce dell’ambiente e non le immagini riflesse; la fessura come canale del dialogo tra dentro e fuori, tra si e no, tra is e on, tra out e tuo; l’audio che comunica in maniera imperativa e ripetitiva il verbo della scultura (fare) e dell’arte, FA FA FA FA!

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